Tra ottobre del 2021 e maggio del 2022 avrebbero incendiato cinque auto, tentando, poi, senza riuscirvi, di dare fuoco ad un altro veicolo. Il compenso percepito per azionare i roghi si sarebbe aggirato, per quanto rilevato nelle intercettazioni, tra i 600 ed i 1000 euro. E’ una delle accuse nei confronti di quattro delle sei persone arrestate alle prime luci dell’alba dai carabinieri delle Compagnie di Massafra e Castellaneta, in provincia di Taranto, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale del capoluogo jonico, su richiesta della Procura della Repubblica. Sono ritenute responsabili, a vario titolo, di furto aggravato in concorso, spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, incendio aggravato in concorso e detenzione di armi.

Quattro ordinanze sono in carcere e due ai domiciliari. I fatti sarebbero avvenuti nei comuni di Massafra, Mottola e Palagianello. Il tentativo di incendio non portato a termine avrebbe riguardato una vettura di proprietà del nuovo compagno della moglie di un altro indagato che, proprio per questo motivo, lo avrebbe commissionato. Nel corso delle attività investigative, è stato riscontrato che due degli indagati sarebbero stati i referenti sul territorio di Massafra per attentati incendiari come ritorsioni dirette o per conto di mandanti. Le modalità esecutive, presumibilmente utilizzate per appiccare gli incendi, per quanto appurato in sede investigativa, sono state varie. In alcuni casi mentre appiccavano l’incendio due degli arrestati si trovavano a bordo di una vettura rubata. In un’occasione, ad esempio, uno degli indagati avrebbe versato del liquido infiammabile su uno degli pneumatici della vettura presa di mira, rimanendo a bordo del veicolo rubato. In un altro episodio, invece, è stata utilizzata una bottiglia di plastica contenente del liquido ‘accelerante’.

Tali incendi, per i quali il compenso percepito si sarebbe aggirato tra i 600 ed i 1000 euro, sarebbero stati compiuti dagli indagati, dopo un’attenta osservazione dei movimenti delle vittime, in modo tale da aspettare il momento opportuno per poter operare, correndo meno rischi di essere scoperti. Le accortezze utilizzate degli indagati, secondo quanto accertato, sarebbero state maniacali, tanto da indurli ad effettuare sopralluoghi dove erano presenti le auto da dare alle fiamme. Emblematico è l’episodio in cui uno degli arrestati, essendosi sporcato i pantaloni con del liquido infiammabile nell’appiccare un incendio, si è poi premurato con la moglie di lavarli, per poi stenderli, in modo tale da evitare che potesse essere sentito, da altri, l’odore pungente dell’accelerante chimico.