L’area estesa per 22mila metri quadrati sequestrata a Taranto dal personale della capitaneria di porto era potenzialmente una bomba ecologica. Perché le imprese che lì esercitavano attività di estrazione materiali da cava e di recupero rifiuti lo facevano senza rispettare leggi e normative tanto che sono ingenti i quantitativi di materiale edile che venivano anche abbandonati sul suolo o nelle campagne della provincia. In cinque sono indagati per diversi reati di natura ambientale legati alla gestione illecita dei rifiuti – anche pericolosi – e che in concorso tra loro avrebbero smaltito tonnellate di rifiuti edilizi nei siti di conferimento gestiti dalle ditte titolari delle due cave in assenza di documentazione attestante la tracciabilità del rifiuto. Gli investigatori parlano di “filiera eco – criminale” in cui sarebbe finita anche un’impresa che, con la collaborazione di una ditta di trasporto risultata sospesa dall’albo nazionale dei gestori ambientali, smaltiva illecitamente i rifiuti prodotti in diversi cantieri aperti.