
Un detenuto 50enne si è tolto la vita nel carcere di Taranto. Il suicidio è avvenuto nel tardo pomeriggio del 26 dicembre e, a quanto si apprende, l’uomo si sarebbe impiccato.
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa del SAPPE in merito:
Quando un detenuto arriva a togliersi la vita nella propria stanza di un carcere è una sconfitta per tutti che dovrebbe farci riflettere ed eventualmente intervenire.
Tante belle parole in questo periodo, tanti buoni intendimenti, ma poi nei fatti registriamo l’assordante silenzio delle istituzioni e della società civile sulle problematiche delle carceri.
Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, nei mesi scorsi ha inviato un accorata lettera alle massime autorità politiche ed amministrative del territorio per chiedere un aiuto per il carcere di Taranto che da troppo tempo vive momenti critici e drammatici a causa del sovraffollamento con circa 800 ristretti a fronte di meno di 400 posti.
Il SAPPE è ben cosciente che le questioni del carcere di Taranto le deve risolvere il DAP, però ci aspettavamo un aiuto soprattutto da chi poi in pubblico versa lacrime di coccodrillo.
Come pure il SAPPE da sempre denuncia il fatto che i detenuti con problemi psichiatrici non possono essere buttati in carcere e dimenticati senza cure adeguate e senza alcun percorso che ne aiuti la guarigione, poiché guardando le statistiche sono proprio questi ultimi che pagano un prezzo troppo alto nel conteggio dei suicidi.
Il suicida occupava la stanza con un altro detenuto che insieme all’agente di servizio nel reparto hanno lanciato l’allarme cercando di portare le prime cure in attesa dei sanitari che hanno potuto constatare il decesso.
Abbiamo notizia che lo stesso dovesse essere trasferito in una struttura all’esterno per curare la propria patologia, ma non ha fatto in tempo.
Una sconfitta su tutta la linea dello Stato e di chi ha giurato il rispetto della costituzione che viene costantemente violata, nonostante l’articolo 27 che garantisce la dignità ai detenuti a cui vengono negati i diritti minimi, con danni alle casse dello stato, per i risarcimenti ai detenuti poiché non hanno lo spazio vitale previsto dalla CEDU».
































