Alle prime luci di questa mattina, il personale del Commissariato di Manduria ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Taranto su proposta della Procura della Repubblica di Taranto, nei confronti di quattro persone (2 in carcere e 2 ai domiciliari), presunti responsabili di furto aggravato, tentata estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini sono partite nel maggio 2021 a seguito del rinvenimento, celata nella fitta boscaglia delle campagne manduriane, di un’autovettura il cui furto era stato denunciato poco prima dal suo proprietario.

Nelle fasi della restituzione negli uffici del Commissariato, il proprietario viene raggiunto da due telefonate anonime nelle quali appariva dalle parole espresse dall’anonimo interlocutore una richiesta estorsiva finalizzata alla restituzione del veicolo.
A dare conforto all’ipotesi investigativa il tono minaccioso ed ingiurioso utilizzato, la modalità di condurre la conversazione, la circostanza che l’intestatario del numero chiamante avesse sporto denuncia di trattamento illecito dei dati personali.
Da considerare, altresì, la dimostrata conoscenza da parte dell’interlocutore dell’attività lavorativa e dell’identità della vittima quali ulteriori espressioni di potenziale azione intimidatoria in caso di mancato accordo.

Inoltre, grazie alla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza di un negozio ubicato nei pressi del luogo del furto, gli investigatori hanno raccolto elementi per ritenere responsabili del reato di furto due degli odierni destinatari dell’ordinanza.
Si evidenzia la presenza di uno dei due soggetti a bordo di un’auto (condotta da altra persona ancora in via di identificazione) che si affianca al veicolo oggetto di furto e l’altro che vi sale per partire in tutta fretta.

Dalla successiva analisi del tabulato telefonico, l’utilizzo di segnali conformati (tipo squilli) potrebbe far pensare che siano finalizzati ad una successiva comunicazione attraverso altri canali più sicuri e non rintracciabili.

Inoltre, gli stessi sono da ritenersi responsabili anche del delitto di estorsione sebbene l’interlocutore della vittima sia una terza persona, attualmente ristretta nel carcere di Orvieto (TR) e fratello di uno dei due.

La brevissima distanza cronologica di appena tre ore tra il furto e la prima telefonata estorsiva non può far ritenere plausibile che i primi due abbiano ceduto la vettura al terzo, disinteressandosi delle vicende successive.

Le indagini si sono quindi rivolte all’identificazione dell’interlocutore della vittima attraverso l’analisi del traffico telefonico in entrata ed in uscita utilizzato per contattare la vittima.
Altra circostanza è che il presunto interlocutore fosse in permesso premio da un carcere del centro Italia presso il comune di Manduria proprio nei giorni del furto della vettura e della successiva richiesta estorsiva.
Inoltre, nel viaggio di rientro dal permesso premio, lo stesso dimostra preoccupazione con la sua compagna relativamente allo smarrimento di una scheda sim che sarebbe stata occultata nell’accappatoio e che, presumibilmente, era quella utilizzata per le chiamate alla vittima.

Nell’ambito della stessa indagine, sono poi emersi indizi relativi alla presunta responsabilità di uno degli autori del furto anche del reato di spaccio.
Sembrerebbe, infatti, che lo stesso abbia continue e frequenti conversazioni e contatti con altri soggetti con precedenti specifici in materia di spaccio, utilizzando un linguaggio criptico finalizzato ad eludere i controlli di polizia.
Anzi, è plausibile ritenere che la piazza di spaccio fosse localizzata nel suo attuale domicilio e che lì ricevesse gli assuntori di sostanze stupefacenti per la cessione delle dosi.
Sembra anche che il garage intestato a lui ed alla madre fosse utilizzato come deposito per il confezionamento delle dosi. A dare concretezza all’ipotesi investigativa ci sarebbero i numerosi riscontri effettuati dal personale del Commissariato sui presunti acquirenti controllati dopo essere usciti dall’ abitazione dell’indagato.

Il quarto destinatario della misura è da ritenersi presunto responsabile del reato di estorsione per aver spiegato in modo lineare e credibile, nel corso di una conversazione con un altro indagato, di aver minacciato di morte un noto pregiudicato della zona, esigendo contestualmente una prestazione patrimoniale di 1.500 euro mensili ovvero una percentuale dei guadagni (forse legati allo spaccio di droga) quale condizione per consentirgli di rimanere nel paese di residenza.

Il tutto sarebbe avvalorato anche da altre conversazioni rilevate con importanti pregiudicati attualmente ristretti nel carcere di Taranto e preoccupati per l’eventuale esclatation della criminalità, dimostrando peraltro credibilità nella caratura criminale del soggetto.