A seguito di indagini dirette dal Sost. Proc. Dr.ssa Daniela PUTIGNANO della Procura della Repubblica di Taranto, personale della Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di 5 misure cautelari personali (di cui 4 in carcere ed 1 agli arresti domiciliari) emessa dal Gip presso il Tribunale di Taranto (Dr. Benedetto RUBERTO) nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti a vario titolo indiziati in concorso di detenzione e vendita di sostanze stupefacenti, nell’ipotesi aggravata dal numero di persone coinvolte (non meno di 10) e dall’aver determinato a commettere lo stesso reato anche dei minorenni.

I provvedimenti traggono origine da un’attività di indagine condotta dal personale della Sezione Antidroga della Squadra Mobile della Questura di Taranto relativamente alla vendita di sostanze stupefacenti nel quartiere “Salinella”, all’interno delle abitazioni riconducibili ad alcuni degli arrestati e ad altri co-indagati (oltre ai destinatari della misura cautelare, altri sei soggetti sono ritenuti allo stesso modo gravemente convolti nella medesima attività illecita).

Nel tempo sono stati numerosi i servizi di osservazione – seguiti spesso da arresti e sequestri di droga –, effettuati nei pressi delle abitazioni indicate. A partire dall’ottobre del 2018 e per oltre un anno, e ancora nel febbraio 2020, sono state sequestrate centinaia e centinaia di dosi di cocaina ed hashish, di volta in volta sottratte ai soggetti (anche minorenni) incaricati di trasportare le sostanze stupefacenti dai luoghi di custodia sino alle abitazioni ove veniva poi condotta l’attività di minuto spaccio, oppure trovate in possesso degli acquirenti che lì si portavano per acquistarle; soggetti di cui si è registrata un’affluenza ininterrotta per tutta la durata delle indagini.

L’avvio e conduzione dell’attività di indagine – anche per mezzo di intercettazioni – e la costante osservazione dei movimenti intorno all’edificio di Via Lago di Monticchio, in cui insistono le abitazioni degli indagati (uno dei quali, peraltro, già sottoposto agli arresti domiciliari), ha consentito di riprendere un arrivo ininterrotto di numerosi acquirenti-assuntori e di appurare come l’attività di spaccio coinvolgesse più persone: – chi (in particolare le donne) era incaricato di allertare i familiari adibiti alla vendita in caso di arrivo della Polizia (indicata spesso con nomi di donna, come “Sofia”, da qui il nome dato all’operazione di p.g.); – chi si occupava della custodia della sostanza stupefacente e del suo trasporto, secondo necessità; – chi, in caso di intervento delle FF.PP. si rendeva disponibile a prelevare ed occultare la sostanza stupefacente, consentendo ai complici di sottrarsi ai controlli; – chi, infine, fra cui alcuni minori, si rendeva disponibile alle attività di confezionamento e vendita della sostanza stupefacente, trasportandola nei luoghi adibiti alla vendita.

In nessun caso le cessioni di stupefacenti venivano precedute da contatti telefonici, ciò a dimostrazione della risaputa “costante” e “pronta” disponibilità di sostanza stupefacente da parte degli indagati. I soggetti di volta in volta controllati sono stati trovati in possesso delle dosi di cocaina poco prima acquistate, ed alcuni di loro hanno fornito nelle medesime circostanze informazioni utili ai fini dell’identificazione degli indagati ed a confermare come le abitazioni di questi costituissero vere e proprie basi operative, nelle quali si avvicendavano tra loro e con l’aiuto anche di terzi. L’esito negativo dei controlli, che pure venivano effettuati quasi nell’immediatezza, hanno fatto da subito presumere che negli appartamenti fosse mantenuto un quantitativo minimo di stupefacente, idoneo cioè a soddisfare le richieste della singola giornata, in modo tale che, in caso di controllo delle forze dell’ordine, gli stessi spacciatori potevano sbarazzarsi facilmente della sostanza (il più delle volte con diversi e voluti scarichi di acqua nel water), senza subire perdite economiche di rilievo. Gli approvvigionamenti erano invece garantiti da altri soggetti, incaricati come detto di recuperare la droga dai luoghi di custodia. Ciò avveniva a bordo di motoveicoli, e non senza rocamboleschi inseguimenti da parte delle stesse FF.PP., che li intercettavano nelle principali direttrici. Come nell’ottobre 2018, allorquando due degli indagati – a bordo del solito ciclomotore – eludevano un controllo delle forze dell’ordine, nonostante il formale “ALT” intimato dai poliziotti, speronando un motociclo di servizio e continuando la corsa a velocità sostenuta.

Il carattere di familiarità ed unione fra tutti gli indagati è stato sottolineato in occasione della scarcerazione di uno di loro, accolto presso la sua abitazione (una delle “basi operative”) con festeggiamenti ed esplosione di fuochi d’artificio. Le investigazioni condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica hanno in definitiva consentito di dimostrare inconfutabilmente come gli indagati (e gli odierni arrestati in primis) siano inseriti stabilmente in un vasto circuito criminale impegnato nello smercio quotidiano di droghe, sia leggere che pesanti, con carattere di vera e propria imprenditorialità, ovvero attraverso una rete di diffusione capillare sulla piazza di Taranto, con canali di approvvigionamento certamente collocati ad elevato livello. Sulla base di tale solido quadro indiziario il Giudice per le Indagini Preliminari ha ritenuto la pericolosità sociale degli indagati e le esigenze cautelari che ne hanno giustificata l’applicazione di misure restrittive.