È in corso dalle 7 di questa mattina lo sciopero di 24 ore indetto da Fim, Fiom e Uilm nello stabilimento siderurgico di Taranto e negli altri siti del Gruppo ArcelorMittal. Decine di lavoratori dell’appalto sono in presidio nei pressi della portineria imprese. Presenti anche lavoratori diretti e rappresentanti sindacali. I metalmeccanici chiedono «all’azienda l’immediato ritiro della procedura di retrocessione dei rami d’azienda e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste». Fim, Fiom e Uilm sostengono che «la multinazionale ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5mila lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2mila attualmente in Amministrazione straordinaria».

E in mattinata si è espresso anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Dobbiamo obbligare Mittal a rimanere a Taranto, si stanno rimangiando l’accordo. Mettere sulla strada 5000 persone mi sembra assurdo»

USB NON PARTECIPA ALLO SCIOPERO – «Non partecipiamo allo sciopero in quanto crediamo che finché abbiamo contezza che Mittal andrà via non riteniamo opportuno fare manifestazioni o mobilitazioni». Lo sottolinea Alessandro D’Amone dell’Usb di Taranto riferendosi allo sciopero di 24 ore, iniziato alle 7 del mattino, proclamato da Fim, Fiom e Uilm in tutti i siti di ArcelorMittal Italia dopo l’annunciato disimpegno della multinazionale, che ha avviato la procedura di retrocessione dei rami d’azienda.

Commentando il tavolo di crisi aperto dal Governo, D’Amone ha detto che «dalle parole bisogna passare ai fatti. Qui non si tratta di gestire un piccolo negozio, questa è la fabbrica più grande d’Europa. Ci sono situazioni talmente delicate che mettono in pericolo lavoratori e cittadini che da subito il Governo deve dare seguito a quello che sta pensando. Per noi lo scudo penale è un mezzo squallido utilizzato dalla multinazionale per i propri interessi, mentre le manutenzioni ordinarie e straordinarie agli impianti non vengono fatte».

COMMISSARI VERSO RICHIESTA PROROGA STOP AFO2 – I commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria presenteranno un’istanza all’autorità giudiziaria di Taranto per chiedere la proroga del termine del 13 dicembre fissato dal tribunale per la realizzazione degli adeguamenti di sicurezza dell’Altoforno 2 sottoposto a sequestro dopo l’incidente del giugno 2015 in cui è morto l’operaio Alessandro Morricella. Lo hanno annunciato gli stessi commissari, Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, in un incontro avuto ieri in Procura con il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo. La proroga, secondo i commissari, sarebbe necessaria per consentire di completare gli adeguamenti legati alla sicurezza dell’impianto ed evitare così lo spegnimento che, altrimenti, dovrebbe essere avviato dopo il termine indicato del 13 dicembre. Ieri, prima dell’incontro con i commissari, anche l’ad di Arcelor Mittal, Lucia Morselli è andata in Procura, dove si è brevemente soffermata con il procuratore, per un incontro di cortesia.

IERI CONTE DA MATTARELLA. PRONTI NUOVI COMMISSARI, IDEA NAZIONALIZZAZIONE. LEGA ALL’ATTACCO – Il governo fa mostra di compattezza e determinazione sull’Ex Ilva, ma i vertici dell’acciaieria non cedono di un millimetro. Dopo il primo incontro finito nel nulla, il premier Giuseppe Conte ha detto ai quattro venti che auspica di poter riaprire quanto prima il tavolo di confronto per salvare i ventimila posti di lavoro in ballo, indotto compreso, e attende a ore una risposta. Da ArcelorMittal, però, nessun cenno. E’ lo stallo: da una parte c’è l’Esecutivo, disposto a concedere lo scudo penale ma fermo sulla volontà di far rispettare gli accordi e garantire l’occupazione. Dall’altra c’è la richiesta di cinquemila esuberi e una causa per rescindere il contratto e ‘lasciarè Taranto. E l’ipotesi di ricucire con la multinazionale è sempre più remota.

La questione è complessa e gli spiragli pochi. I sindacati giocano la carta dello sciopero, e ne programmano uno di 24 ore in tutti gli stabilimenti. In mattinata Conte sale al Quirinale da un preoccupato Sergio Mattarella, per parlare anche delle misure che possono essere messe in atto. «Qui non ci sono governi attuali e precedenti – è l’appello di Conte – qui non c’è la maggioranza o l’opposizione, per una volta non ci dividiamo, marciamo coesi verso il salvataggio di questo polo industriale». C’è chi ipotizza un intervento di Cdp o la nazionalizzazione. «Stiamo già valutando tutte le possibili alternative – ripete Conte – ma aspetto una proposta dal signor Mittal e vorrei incontrarlo nelle prossime ore». In ogni caso, spiega Conte, se ci sarà il disimpegno da parte di ArcelorMittal, tornerà la gestione commissariale. Il tribunale è l’esito da evitare. Se però sarà proprio un giudice a dover decidere, Conte assicura che il governo ha tutti gli «strumenti giuridici» per affrontare «la battaglia legale del secolo». Nelle norme, spiega il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, manca «l’elemento necessario» a giustificare “il recesso», chiesto dalla multinazionale franco-indiana. «Se una Multinazionale ha firmato un impegno con lo Stato – è la posizione di Luigi Di Maio – lo Stato deve farsi rispettare, chiedendo il rispetto dei patti e facendosi risarcire i danni».

Premier, ministri ed esponenti di maggioranza, compresi Italia Viva e M5S, ripetono come un mantra che quello per il salvataggio dell’ex Ilva deve essere uno sforzo del sistema Paese. «Lo Stato deve essere unito e compatto», dice il presidente della Camera Roberto Fico. Alla luce di questa narrazione, figuriamoci se il governo può apparire diviso. Però, ai Cinque Stelle non piace troppo lo scudo penale, che è uno dei punti più controversi. Allora è una corsa a smontarne la portata. «E’ un falso problema, su quello il governo è compatto», assicura Conte ripetendo di averlo detto chiaro e tondo anche Lakshmi Mittal e Aditya Mittal, Ceo e Cfo della multinazionale. E poi, ricorda il premier, nel contratto «non c’è alcun riferimento allo scudo penale». Infatti, spiega, la retromarcia della multinazionale non è dovuta a quello, ma a «un problema di piano industriale, di sostenibilità economica». I dati confortano questa spiegazione: ArcelorMittal ha chiuso il terzo trimestre con una perdita salita a 486,52 milioni euro e un calo della produzione di acciaio da 22,8 a 20,2 milioni di tonnellate. «I rappresentati di ArcelorMittal – dice Patuanelli – ci hanno detto chiaramente che non sono in grado di portare a termine il loro Piano industriale per rilanciare l’Ilva».

In serata Conte incontra prima i sindacati e poi i vertici locali: il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, il presidente della Provincia, Giovanni Gugliotti e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Con loro ha aperto un «tavolo permanente» di crisi, chiedendo di sostenere la difesa, come parti civili, in un eventuale contenzioso giudiziario. Malgrado gli appelli al fronte comune, l’opposizione attacca la maggioranza. Durante le comunicazioni di Patuanelli alla Camera, i deputati della Lega hanno esposto dei cartelli con la scritta «A casa voi, non gli operai dell’Ilva», gridando “elezioni, elezioni».”Abbiamo al governo dei pericolosi incapaci», dice Matteo Salvini. Mentre per l’azzurra Anna Maria Bernini, «Conte chiama a raccolta tutto il Paese mentre non riesce a chiamare a raccolta nemmeno la sua maggioranza».