ArcerlorMittal ha comunicato formalmente ai sindacati e alle aziende collegate la retrocessione alle società Ilva dei rispettivi rami d’azienda unitamente al trasferimento dei dipendenti (10.777 unità) ai sensi dell’articolo 47 della legge 428 del 1990. La
comunicazione segue l’annuncio di cessazione del contratto per l’ex Ilva di Taranto. La comunicazione, che di fatto segna l’avvio della procedura per il disimpegno, riguarda tutta Italia: oltre a Taranto anche Genova, Novi Ligure, Milano, Racconigi, Paderno, Legnano, Marghera.

La retrocessione degli impianti e dei dipendenti ad Ilva in amministrazione straordinaria riguarda gli stabilimenti di ArcelorMittal Italia di Taranto (8.277 unità), Genova (1.016), Novi Ligure (681), Milano (123), Racconigi (134), Paderno Dugnano (39), Legnaro (29) e Marghera (52) per un totale di 10351 dipendenti. A questi si aggiungono i dipendenti delle società del gruppo ArcelorMittal: Amis (64), Am Energy (100), Am Tabular (40), Am Maritime (222). Il numero complessivo di lavoratori arriva così a quota 10.777 unità

ArcelorMittal nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10777 dipendenti spiega che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale – si osserva – costituiva «un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto».

«L’Ad Morselli ieri ci ha ribadito che è molto pesante anche la questione dello spegnimento dell’Afo2 che potrebbe trascinarsi anche gli altri due altiforni». Lo ha riferito il segretario generale della Fiom Cgil Puglia e Taranto Giuseppe Romano. Del resto, nella comunicazione di recesso del contratto l’azienda ha spiegato che l’altoforno 2, sequestrato per questioni legate alla sicurezza sul lavoro dopo l’incidente del giugno 2015 in cui è morto l’operaio Alessandro Morricella e di cui è stata concessa la facoltà d’uso a tempo, si avvierà allo spegnimento il prossimo 13 dicembre perché non potrà essere rispettato il termine imposto dall’autorità giudiziaria per l’automazione delle operazioni eseguite al campo di colata. Per questo tipo di intervento, a quanto si apprende, i tecnici della Paul Wurth hanno stimato che occorrono 12 mesi.

Ma anche gli altri due altiforni in attività, il numero 1 e il numero 4, non sono dotati dell’automazione delle operazioni eseguite in campo di colata. «Occorre ragionevolmente applicare le prescrizioni disposte dall’ordinanza – ha precisato l’azienda – anche agli altiforni 1 e 4, con la conseguenza che anch’essi dovrebbero essere spenti per motivi precauzionali». E l’impossibilità di operare degli altiforni «inciderebbe – si puntualizza – in maniera decisiva sugli assetti complessivi del ciclo produttivo dello stabilimento di Taranto, compromettendone la stessa sopravvivenza e rendendo irrealizzabile il Piano industriale anche per questa ulteriore ragione».