Quattordici persone, tra imprenditori, rappresentanti di associazioni e cooperative sociali, e un dipendente della pubblica amministrazione, sono indagati a Taranto con le accuse, a vario titolo, di frode e falsità in atti pubblici. La Guardia di finanza ha notificato a tutti l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Il provvedimento scaturisce da controlli eseguiti nell’ambito delle procedure di appalto avviate dalla Prefettura per l’acquisizione di “servizi di temporanea accoglienza di immigrati richiedenti asilo o protezione internazionale”. Secondo l’accusa, i responsabili di tre diversi enti associativi affidatari dei servizi di accoglienza, al fine di garantire “gli interventi materiali di base” (vitto e alloggio), in concorso con imprenditori titolari di strutture alberghiere e di altri soggetti privati – questi ultimi locatori di immobili con requisiti di abitabilità non adeguati – non hanno dato esecuzione agli obblighi contrattuali assunti con la Prefettura di Taranto. Avrebbero omesso – secondo i pm – di somministrare ai cittadini extracomunitari i pasti secondo quanto previsto dal capitolato d’appalto, non hanno consegnato loro vestiario adeguato alla stagione invernale e, comunque, hanno ospitato gli stessi in strutture non idonee.

Nel corso delle indagini è anche emersa la presunta responsabilità degli amministratori di uno degli Enti affidatari. Questi, per ottenere l’assegnazione di ulteriori posti letto in un immobile privo di agibilità, in quanto dotato di impianto di scarico delle acque reflue domestiche non conforme alla legge, avrebbero presentato una falsa autorizzazione comunale che ne attestava la regolarità. Per ottenere tale autorizzazione era stata esibita “una relazione tecnica – sostiene la Guardia di finanza – redatta da un architetto compiacente e un parere favorevole ai fini sanitari, ottenuto corrispondendo una somma di denaro contante al funzionario della Asl responsabile dell’Ufficio comunale di Igiene degli alimenti e della nutrizione, ben consapevole della irregolarità dell’impianto, nei cui confronti è stato contestato il delitto di corruzione”.