Tribunale Taranto

Alcuni legali degli imputati del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva hanno chiesto alla Corte d’Assise di dichiarare inutilizzabili le intercettazioni raccolte nell’ambito di un procedimento diverso a carico dell’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva, che fu arrestato e posto ai domiciliari una prima volta il 26 novembre del 2012, insieme al rappresentante della Promed Engineering. L’accusa era di concussione “per aver di fatto monopolizzato l’attenzione di diversi titolari di imprese interessate ad ottenere autorizzazioni di pertinenza del proprio assessorato, orientandoli ad avvalersi della consulenza tecnica professionale da lui indicata.

In via alternativa, qualora la Corte dovesse ritenere l’identità dei processi, i legali chiedono l’incompatibilità del giudice a latere della Corte di assise, Fulvia Misserini, che aveva già ricoperto le funzioni di presidente del Tribunale del riesame, invitandola ad astenersi, o lo stralcio della posizione dell’imputato. Se le richieste difensive non dovessero essere accolte, gli avvocati Michele Rossetti e Laura Palomba, difensori di Conserva, hanno preannunciato che provvederanno a ricusare il giudice a latere. Nell’udienza di oggi sarà sciolta la riserva. Ieri è proseguito il controesame del tenente colonnello Di Noi della Guardia di finanza, chiamato anche a riferire in relazione all’incontro tra il consulente della procura Lorenzo Liberti e l’allora responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva Girolamo Archinà in una stazione di servizio, dove, secondo l’accusa sarebbe avvenuta la consegna – da parte di Archinà – di un plico contenente la somma di 10mila euro in contanti che sarebbe servita per “ammorbidire” le valutazioni tecniche sulla portata inquinante del siderurgico.

L’ufficiale, sottolinea in una nota la difesa del gruppo Riva, «ha confermato che l’attività investigativa in relazione ai conti correnti nella disponibilità dell’allora arcivescovo di TARANTO si è limitata a solo due rapporti bancari e non a tutti quelli intestati allo stesso vescovo, questo nell’ottica difensiva che quell’importo in contanti fu utilizzato da Archinà come offerta elargita di consuetudine dall’Ilva alla Chiesa tarantina in occasione delle festività pasquali e non a scopo corruttivo».